Ruins in Bloom, il nuovo disco di Miss Stereochemistry, è un "killer di pregiudizi, privo di auto-censura" - Intervista







di Sisco Montalto - Spesso una sola recensione non basta a spiegare un disco, soprattutto quando dietro ad esso c'è tanto da raccontare; e così (mi) è successo che leggendo la biografia di Miss Stereochemistry aka Karla Hajman, ho subito capito che recensire semplicemente il suo nuovo album sarebbe stato riduttivo. Da questa considerazione è nata una bella intervista, di quelle che non capitano spesso. 

Stereochemistry ha vissuto in tanti posti diversi, in giro per l'Europa. Ex ricercatrice, ha scoperto la bellezza dell’arte e la sua forte capacità di trasmettere emozioni. Cabarettista prima che cantautrice, nella sua musica  mescola folk, pop-indie, songwriting, satira e appunto cabaret.

Il suo ultimo disco Ruins in Bloom, il quarto, è proprio la fusione di tutte queste caratteristiche. 
Un disco minimale nei suoni e nelle atmosfere, che riesce a trasmettere in maniera chiara tutto il carisma di Karla e la sua capacità comunicativa….


- Da cosa nasce il progetto Stereochemistry e quanto Stereochemistry rappresenta Karla come persona? 
"Stereochemistry nasce dal bisogno di Karla di esprimersi per mezzo di musica, soprattutto sulle cose che altrimenti non riusciva a dire a parole, ai tempi quando era ancora una teenager. Poi, con il tempo Karletta la lingua l’ha depilata e ha smesso di autocensurarsi e, nonostante la satira e comicità taglienti, la musica è rimasta. 
Il nome del progetto è stato rubato dai libri di Stereochimica ed Enzimologia Funzionale, perché una volta Karla era una secchiona di merda. Stereochemistry è una portavoce di Karla (e degli extraterrestri dall’Universo)."

- Parliamo di  Ruins in Bloom. Rispetto a  – Sweep  –  c'è una svolta in termini (anche) di contenuti. È una nuova strada intrapresa da te o è solo il risultato dello stato d'animo che ha accompagnato l'evoluzione del disco? 
"Credo la più grande novità di “Ruins in Bloom” è che è stato il primo album ad essere prodotto da qualcun altro oltre a me; per una control freak e amante della libertà d’espressone proprio come sono io, era un grandissimo atto di fiducia. 
In termini di contenuti sia “Ruins in Bloom” che “SWEEP” sono carichi e privi di banalità. “SWEEP” gli stessi messaggi li ha detti tra le righe, “Ruins in Bloom” invece li ha buttati la in un modo più diretto. E credo lo si senta nel complesso, dai testi alle scelte sonore, immagini e produzione. 
In questi termini, Ruins è sia il risultato dello stato d’animo che lo ha accompagnato, sia una scelta artistica."

- Leggendo la presentazione del disco, mi è piaciuta la frase che dice che hai lasciato il dottorato in audiologia per occuparti delle orecchie umane in altro modo. Secondo te la tua musica e in generale la musica, può in qualche modo aiutare la gente ad indirizzare la propria vita o semplicemente aspetti di questa, riuscendo a far trovare consapevolezza e magari vedere le cose
da un punto di vista diverso? 
"La musica può fare miracoli, secondo me almeno. Credo ci sia tanto in essa, qualcosa di primordiale e primitivo che va oltre le parole che a volte porta con sé. È la migliore lingua che ci sia sul pianeta. 
Le orecchie poi in generale sono un senso un po’ sottovalutato rispetto alla vista – noi ci orientiamo di più ascoltando a 360 gradi che vedendo a soli 180 (basta pensare che il più grande problema delle macchine elettriche era l’assenza di rumore). 
Quindi non sorprende che la musica abbia il potere che ha. Pensate solo quante persone avete scartato come amici solo perché ascoltavano Brittney Spears al liceo."

- Sei una giramondo e la tua vita sembra essere stata molto intensa. Quanto c'è nella tua musica e nell'approccio a questa, di quello che hai vissuto e visto? Quanto c’è di reale e quanto di surreale?
"Si, avevo e ho tuttora una vita intensissima. Se uno girasse un documentario o un film su questo percorso, verrebbe discreditato per troppa tragicommedia o finirebbe direttamente nel settore fantascienza. 
La mia musica proviene tutta da quel che ho vissuto e visto. Non sono una cantastorie, nel senso non canto le storie ipotetiche o fiabe. Le mie canzoni esprimono non solo i fatti, ma i pensieri, attitudini, filosofie personali, punti di vista alternativi, ecc. A volte tra le righe, a volte molto direttamente. A volte con esagerazione satirica e a volte invece attenuando un po’ le cose, sugli argomenti più sensibili di solito."

- Mi ha colpito il discorso che fai sulla depressione e la chiave di lettura che ne dai. Mi spieghi meglio il tuo concetto?
"La depressione ha uno stigma addosso, di essere una specie di buco nero di energia negativa, che fagocita tutto e tutti che stanno al fianco della persona depressa. Un po’ come il cancro. Fa allontanare la gente perché fa paura. La società moderna è un po’ dipendente dalla felicità ed è pervasa dal terrorismo del pensare positivo ad ogni costo, quindi se non hai il sorriso da un orecchio all’altro 24h su 24, bene, sei un perdente.  

Per me, la depressione non è uno stato, ma è un processo innanzitutto, un processo di crescita personale dal quale uno può davvero imparare molto, su sé stessi, sugli altri, sulla vita in generale. Empatia in primis. Saper apprezzare la vita, pure, quando ci si riesce a sentirla. Si può pure essere felici e depressi allo stesso tempo. Provare per credere!"

- Le tue prossime tappe?

"Domanda difficile ma te le elenco alcune:
Dal punto di vista musicale, pubblicare tre EP e un album sui quali sto lavorando negli ultimi mesi. Una parte di loro con Kinestatics, il duo trip hop che ho insieme al Steven Rutter dei B12 (uno dei fondatori della tecno britannica).
Poi, andare a vivere su una nave con il mio commercialista (non è uno scherzo purtroppo).

Finire uno spettacolo teatrale e un libro che ho in ballo da un sacco.
Girare ancora un sacco di posti con la mia musica, vorrei tanto tornare in Polonia e poi mettere giù un piede in Giappone (forse anche due).
Riprodurmi, ma non so quando. Tanto i bambini arrivano quando vogliono loro, mica quando noi lo pianifichiamo quaggiù."

"Ps. Belle domande, davvero! Grazie di cuore."

-Grazie a te, complimenti e buon viaggio!












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